SonoUnMito
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Come e quando e' nata l'idea di scrivere S1M?
Un paio di anni fa. Il libro e' nato da una telefonata di un mio carissimo amico, che un bel giorno mi sveglio' per raccontarmi i particolari della sera precedente: si trovava in un ristorante di altissimo livello e accanto a lui c'erano due coppie che facevano un gran casino, chiacchieravano ad alta voce e ordinavano platealmente le bottiglie piu' costose della cantina, evidentemente per far sapere a tutti quello che bevevano e che spendevano. Il loro atteggiamento strideva con il contesto: musica soffusa, clienti eleganti e discreti, moquette, drappeggi alle pareti… Ad un certo punto, uno dei quattro ha tirato fuori la cocaina e tutti hanno cominciato a sniffare. Il mio amico, che peraltro e' un sociologo molto famoso, si e mi chiedeva che persone fossero quei tipi che si comportavano cosi', e mentre mi parlava, nella mia mente si materializzava la risposta. Ecco, S1M e' la descrizione di questo tipo di soggetti.

Quanto tempo hai impiegato a scrivere il libro?
Poco. S1M e' nato in un attimo. In poche ore, avevo gia' la scaletta, la divisione in capitoli e gli argomenti di ciascun capitolo.

Avevi tutta la storia gia' in mente o si e' costruita piano piano?
La storia intesa come ''fatti che succedono'' era nella mia testa da un po'. Anche tutte le turpitudini che racconta il protagonista… era tutto materiale che bussava alla porta. Ecco, diciamo che mi serviva un pretesto per raccontare le spregevolezze che avevo trovato vivendo.

Hai sniffato, per scrivere?
Ha! No, solo cocacola per stare sveglio. Quando scrivo, la droga diventa il piacere che mi da' l'atto creativo.

Quanto c'e' di autobiografico nel libro?
Come dicevo prima, S1M e' diventato il contenitore delle turpitudini che nascevano dall'osservazione della quotidianita'. A me piace guardare i fatti e le persone, scavare nelle motivazioni, capire. E scrivere e' bello anche per raccontare le cose viste o pensate. La storia delle prostitute usate come bersagli umani, avevo letto che succedeva a Las Vegas. Poi dissero che non era vera, ma la gente ci aveva creduto perché era verosimile, ed era perfetta per il contesto che stavo raccontando.

A chi ti sei ispirato per descrivere il protagonista?
A tutte le brutte persone che ho conosciuto o anche solo di cui ho sentito parlare, magari sui giornali. Luis e' la somma del marciume che ho trovato, e secondo me stimola le considerazioni che io stesso ho fatto ogni volta che ho incontrato qualcuno come lui.

Perche' ''Orribile tragedia di un uomo incosciente''?
La ''orribile tragedia'' e' un omaggio alla mia romanita'. L'indolenza romana determina tante cose, il modo di camminare, di mangiare e ovviamente anche di parlare. Noi romani abbiamo il vizio di raddoppiare le consonanti e quindi leggeremmo 'orribbile traggedia'… E' una soddisfazzione che dovevo al mio amore per Roma.

E ''l'uomo incosciente''?
L'incoscienza e' la risposta alla domanda da cui e' nato S1M ed e' il concetto centrale di tutto il libro. Luis non e' uno stupido, ma e' completamente inconsapevole, non sa guardare se' stesso, ne' giudicarsi. Io penso che l'incoscienza sia il grande male dei nostri anni, e lo vediamo quotidianamente. L'incoscienza della finanza ha determinato una crisi economica planetaria. Quella ecologica porta ai disastri ambientali. L'incoscienza di Luis e' di tipo sociale e personale, e' la causa del suo carattere intrattabile e della sua incapacita' a stabilire rapporti umani.

Spiega meglio questa cosa dell'incoscienza.
Un giorno stavo guidando in autostrada e c'era una Matiz che procedeva piuttosto lentamente e stava tagliando una curva a destra molto lunga, passando dalla corsia di destra a quella di centro e poi a quella di sinistra. Gli abbiamo suonato in tanti e la donna alla macchina si gira e ci guarda stupita e anche un po' innervosita mimando con le mani un interrogativo tipo ''ma che volete?''. Incoscienza stradale. Luis e' cosi'. E' uno che quando parla e quando pensa, non si rende conto delle parole e dei pensieri che esprime. Voglio che il lettore abbia voglia di domandare a Luis: ''Ma ti rendi conto di quello che fai?'' Ovviamente e' una domanda retorica.

E' questo il messaggio del libro?
Si'. Mostrando un esempio di incoscienza volevo invitare a riflettere: anche io sono cosi'? Io dico: guardiamo dentro noi stessi, cerchiamo di osservare la nostra vita come se fossimo un terzo esterno. Giudichiamoci, e proviamo a migliorarci. Ovviamente, per quanto possiamo: nessuno e' capace di affrontare il buono assoluto, privandosi di ogni cultura, passione, sogno, sentimento, anche perche' noi siamo carne, educazione, bile, affanni, e avremo sempre una umana e personale parzialita'. Al di la' del fatto che i concetti di buono e cattivo non sono universali. Tutti conosciamo i canoni comuni del bene e del male, del buono e del peggio, del bello e dell'insano, che deriviamo dalla societa' e per la maggior parte li adattiamo automaticamente al nostro vivere. Il problema sta proprio nell'acriticita' di questa nostra accettazione.

Perche' parli di ''noi''?
Perche' sono convinto del fatto che in ognuno di noi ci sia almeno un pezzo di Luis. Chi non ha un suo difetto? Chi non ha mai avuto la tentazione di comportarsi come lui, in una determinata circostanza, in un momento di rabbia? La distanza fra Luis e la realta' potrebbe avere una ragione di esistere: lui e' un ragazzo ricco, vive un'esistenza priva di problemi materiali. Con il denaro si ptrebbero giustificare i suoi comportamenti e la sua lontananza dalla ''vita vera'', e a me questa lettura sta bene, anzi benissimo. Ma gli altri? Che scusa puo' avere chi si comporta come Luis senza l'alibi del censo?

E ma insomma, come dici nella premessa del libro, non fai sconti ai tuoi lettori…
Effettivamente no. Penso che sia necessario togliere indulgenza nei giudizi che facciamo di noi stessi. Io dico: confrontiamoci con la nostra realta', con quello che siamo, non con la vita che sogniamo. Guardiamo alla nostra carne. Questo non e' particolarmente crudele, anche se immagino che lo sembri…

Insomma, il libro non lascia spazio ai sogni.
No, no, per carita'. A me non piace regalare sogni. Faccio un esempio stupido. C'e' una mia amica che palesa bisogno d'affetto e di attenzioni e si mette sempre con ragazzi che non gliene danno nemmeno un po'. Sono giunto alla conclusione che lei non voglia sentimento, ma che sotto sotto sia mossa dalla speranza di riceverne un domani. Allo stesso modo penso che la gente legga libri d'amore perche' amore non ha. Libri romantici rappresentano il destino ineluttabile dei loro lettori, di sognare tutta la vita. Io non scrivo sogni, mi rifiuto. E' opportuno stare ben svegli. Non voglio che un lettore cerchi e trovi quello che non ha, tipo una storia coinvolgente che gli piacerebbe vivere. Voglio che faccia i conti con se stesso. A me piace scrivere 'specchi', mi piace che la gente legga S1M e ne cerchi il marciume che e' in grado di riconoscere in se'.

Quale pensi che sia la reazione del lettore?
Beh, e' facile rimanere infastiditi da Luis. Come dico nell'introduzione, desidero essere odiato, per la storia che racconto. Secondo me, non ha senso lasciare indifferente il lettore. Pero' vorrei invitare ad una riflessione. La rabbia contro Luis deve cambiare target ed essere indirizzata verso le circostanze che gli hanno permesso di diventare cosi' e di mantenersi com'e'. Tanto e' vero che Luis non critica la societa' in cui vive: le sue lamentele sono sterili e ridicole, come quelle contro i comunisti o la Chiesa. Sono io che, mostrando Luis a chi ha il coraggio di riconoscerne la realita', critico i contesti familiare e sociale in cui si muove e che gli hanno permessi di diventare ed essere come e'.

Una lettura a senso unico?
L'idea di partenza e' quella. Voglio che il lettore colga il mio messaggio per come l'ho voluto esprimere. Il contrario mi darebbe proprio fastidio. Ognuno naturalmente e' libero di pensare quello che preferisce, magari qualcuno nel libro trova un amico, o davvero ''un mito'', o un alter ego, e si compiace invece di schifarsi. Certo, S1M manda messaggi cosi' chiari, tramite un personaggio cosi' oggettivamente turpe, che non credo sia possibile interpretarlo in troppi modi. Comunque sono sempre felice di chiarirmi e di confrontarmi, e allora ben vengano le interviste, le email, il feedback, i forum, internet. Di confronto in effetti ho fame.

Perche' parli di John Lennon?
Proprio per questo. Una volta in un'intervista disse che in molti avevano trovato, nelle sue canzoni, concetti di cui lui stesso non si era accorto. Mi farebbe impressione se qualcuno dicesse che con il libro ho espresso un senso di cui non riesco a rendermi conto. Se avessi mandato un messaggio senza accorgermene e qualcuno mi venisse a spiegare i significati reconditi di S1M mi sentirei... boh, un pazzo. Un incosciente!

Pensi che qualche autore ti abbia ispirato?
Si, nel metodo e nello scopo narrativo. Mi spiego. Ero indeciso sul titolo. Volevo chiamare il mio librino ''L'incosciente'' un po' – fatte le ovvie proporzioni – come ''Il giocatore'' di Dostoevskij. Ma mentre Dostoevskij definisce un concetto di giocatore che travalica il tempo e lo spazio, il ''mio'' incosciente non presenta tratti di universalita', anzi e' intrinsecamente calato nella societa' contemporanea occidentale. I tratti della incoscienza luisiana sono perfetti per la nostra quotidianita', ma sarebbero stati diversi venti anni fa e probabilmente saranno diversi fra altri venti.

Vuoi bene a Luis?
Non gli voglio bene, gli sono grato per quello che riesce a farmi dire. Mi fa tenerezza, naufrago nel suo orrore. Riesce a farmi tenerezza perche' non e' intrinsecamente cattivo, ha solo una scala valoriale sballatissima. E' uno che giudica in base all'apparenza, per lui i problemi sono solo di natura materiale e pensa di star bene solo perche' ha soldi da buttare. Questo me lo fa apparire tenero.

Se fosse tuo figlio?
Ah, non lo so. Non ho figli e non so se si riesca ad amarli per principio. Se riuscissi ad osservare lui e me con distacco e coscienza, credo che penserei a Luis come ad un mio insuccesso educativo.

Direi che non ami il tuo protagonista…
Luis e' un ragazzo intelligente ma estremamente superficiale. Arriva a capire che qualcosa non va, si pone domande giuste, ma non ha i mezzi per rispondere correttamente. E' un uomo intrinsecamente infelice, ma non lo riconoscerebbe mai per risparmiarsi l'imbarazzo di ammetterlo a se' stesso. A un certo punto, il libro osa dare una speranza a chi legge ed e' quando, dopo l'omicidio, Luis finisce nella tenuta del padre. Ma poi prende altre decisioni, torna alle ipotesi di partenza, si innamora del concetto di ''ponderazione'' che da' un alibi al suo orrore, e fa una strage. Il centro commerciale in Illinois e' un pretesto come un altro perche' lui torni a se' stesso e al proprio destino. Uno cosi', dalla propria natura non e' in grado di sfuggire. Peraltro, la poesia con cui descrive la tenuta del padre e' una forzatura, forse addirittura un'incoerenza. E' come l'avrei descritta io, confesso che non ho resistito al fascino di raccontare il paradiso.

Cos'hai di lui?
Come Luis, ammetto che non amo le persone semplici, trasparenti, che non colpiscono, non lasciano traccia. Mi piacciono quelli che vincono. Me ne vergogno un po' ma e' cosi'. Luis mette in guardia dall'ignorare se' stessi - questo prima l'ho scritto e poi l'ho capito, e' un insegnamento che e' voluto venir fuori da solo.

Se il mercato ti costringesse a scrivere un sequel, che farebbe Luis fra dieci anni? E fra quaranta?
Oh, non lo so! Non penso che riuscirei a scrivere su ordinazione ma e' comunque una bella idea. Fra dieci anni… non lo so, magari perde una gamba in un incidente stradale e trova che il moncherino gli doni. Fra quaranta… non ho idea! So solo che rimarrebbe incosciente, di questo sono sicuro. Non so in che modo, ma non ho voglia di pensarci.

Perche' ci sono due personaggi con lo stesso nome?
Ammetto che volevo creare confusione. Volevo che la prima volta che compare X, il lettore pensasse ''ah, finalmente Luis ha accanto una ragazza in grado di fargli scoprire il sentimento''. Quando riappare un personaggio con lo stesso nome volevo che si ingenerasse la speranza… ma posso dirlo? Cosi' rovino l'effetto!

In quali momenti della giornata scrivi?
Nessuno in particolare. Per solito, dal momento che viaggio molto, affido le mie riflessioni ad un registratore vocale e poi le riscrivo cercando di mettere nero su bianco l'idea per come mi era venuta in mente. Le migliori intuizioni nascono per caso.

Quante ce ne sono nel libro?
Secondo me e' notevole tutto il capitolo sul sesso. Le 'imprese' di Thomas son quasi tutte geniali. C'e' qualche termine particolarmente felice, soprattutto nei sinonimi che Luis adopera per i genitali femminili.

Per quanto tempo scrivi?
Sempre piu' che posso, fino a quando non mi prende la stanchezza che nemmeno la cocacola puo' contrastare, oppure finche' qualcuno mi ricopre di insulti richiamandomi a qualche dovere.

Ti dai scadenze?
No, assolutamente no. Creare ha senso se la creazione soddisfa chi l'ha fatta, e siccome tengo a quello che 'creo', mi prendo tutto il tempo necessario affinche' il risultato mi piaccia.

C'e' una situazione più favorevole alla scrittura?
No. Scrivere mischia arte ed artigianato, si compone di intuizioni geniali e di onesto e pacifico lavoro di bassa manovalanza. Le prime sono imprevedibili, sono quelle che mi costringono a parlare come uno scemo nel mio registratore vocale. Le fasi diciamo ''artigianali'' riguardano ogni momento della giornata.

Spiegati meglio.
Ok. Un giorno mi e' venuto in mente che avrei fatto descrivere a Luis i diversi modi di fare la pipi' e quella e' diciamo l'intuizione. Mi sono preso al volo l'appunto e poi, appena possibile, ho cominciato a scrivere. Il lavoro artigianale e' quello che recupera lo spirito della scintilla e lo trasforma in pagina. Dopo aver abbozzato le righe sulla minzione maschile, inizia la terza fase, la piu' delicata e impegnativa, che mischia alta e bassa manovalanza: il cosiddetto ''limae labor''. Passo tanto tempo a rendere piu' fluida la lettura e piu' chiaro il pensiero. Il ''lavoro di lima'' serve a rendere piu' accessibili le pagine. Secondo me, chiunque crei un'opera d'intelletto fallisce quando non raggiunge compiutamente l'anima di chi la trova. Io impiego molto tempo a rendermi comprensibile. La cultura, e l'arte - che della cultura e' apice - sono semplici, lisce, lineari, anodine. Vanno incontro, non fuggono mai, altrimenti sono sterili esercizi di stile autoreferenziali e fastidiosi.

Descrivi il processo di scrittura di un libro come S1M
Ho scritto di getto, e poi ho riletto e riletto e riletto. Ho abbozzato i capitoli ''qui dico questo e qui dico quest'altro'', concentrati in poche righe, e poi ho scritto, piano piano aggiungevo, poi correggevo, toglievo e cambiavo. Per quanto riguarda le correzioni, mi son sudato ogni singola virgola, del tipo ''meglio lasciarla, o la tolgo?'' Francamente non lo so se il labor limae abbia reso piu' liscio il fusto della freccia o se il fusto fosse nato liscio e io, lavorando col temperino, l'abbia reso meno scorrevole. Mi limito a sperare che il risultato finale raggiunga il bersaglio in modo pulito e rettilineo.

Che consigli daresti ad uno che volesse scrivere un libro?
Ne ho pochi perche' mi ritengo uno scrittore sovversivo o perlomeno noncurante: me ne frego di quelli che sono i canoni della scrittura, le regole per fare un libro. Se sono convinto di una cosa, non mi interessa che qualcuno mi dica ''devi cambiare cosi' o cosa' perche' lo impongono le regole della scrittura''. Posso solo dare qualche consiglio di natura tecnico-compositiva. Secondo me, serve darsi un obiettivo, focalizzare un messaggio e corrergli dietro giorno e notte. Soprattutto, bisogna coccolare la propria creazione. Ogni scrittore non deve abbandonare mai il proprio concetto letterario, deve lasciare che la fase creativa si impossessi della sua quotidianita'.

Qual'e' la critica piu' feroce che hai ricevuto?
Una mia amica non ha voluto che sua mamma leggesse S1M.

E il giudizio piu' lusinghiero?
Una mia amica non ha voluto che sua mamma leggesse S1M.

Quale speranza hai per il libro?
Che piaccia. Ne sono fiero e serve fegato per esserlo. Vorrei che la gente leggesse fidandosi del giudizio di un amico, ma senza sapere niente del libro, della storia, del messaggio. Vorrei una ''fiducia al buio''. Mi farebbe piacere se i lettori trovassero le mie idee esattamente per come ho cercato di spiegarle. E vorrei confrontarmi con chi ne ha voglia, tramite questo sito.

E' una speranza nata con il libro o dopo?
Hm… Bella domanda. In realta' e' nata dopo. Ho scritto per me stesso, per soddisfare un'esigenza mia intima e personale. Anche se sapevo cosa avrei fatto… in realtà non lo sapevo. Alla fine mi son detto ''cacchio, sei stato proprio bravo'' ed e' cosi' che e' nato il sito, l'edizione e tutto quanto. Spesso mi e' capitato di avere il desiderio di confrontarmi con l'autore di un libro che avevo letto. Ora che, come dire, ''sono dall'altra parte'', ho piacere ad offrire ai lettori un feedback che possa arricchire sia loro sia me.

Cosa ti ha ispirato? Qualche libro, film, racconto...
Niente in particolare, a parte il fatto che ogni individuo e' la somma delle sue esperienze e inevitabilmente uno scrittore riassume un po' le sue letture preferite.

Chi ti piace come scrittore?
Alessandro Baricco, che e' il numero uno. Pero' vorrei che non usasse il suo talento per scrivere di qualsiasi cosa gli passi per la mente, dal tango argentino ai fuochi d'artificio. Scriver bene non autorizza a scrivere su ogni cosa. Adoro Stefano Benni, che però dovrebbe chiudere i suoi libri un po' prima: spesso arrivi a trenta pagine dalla fine e ti chiedi ''ma perche' il libro non finisce qui?''. E poi Pennac, e ovviamente Palaniuk. Mi piace il meno 'artistico' Grisham, il miglior artigiano che io abbia mai letto, e sulla stessa linea trovo ottimo Forsyth. Mi piace Stephen King, che e' unico. Coelho scrive bene ed e' avvincente per come va in profondita'. E...e' banale se cito Saramago?

Hai fatto leggere S1M ai tuoi genitori?
Eeeh!

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